Debora Carangelo, leadership e ‘cazzimma’

L'esordio in serie A 14 anni, poi le stagioni alla Reyer, le medaglie con la Nazionale e lo sbarco in Sardegna. Parla capitan Carangelo.
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Nata a Maddaloni, campana classe 1992, Debora Carangelo è ormai una veterana del basket femminile. Sin da giovanissima ha calcato i parquet della massima serie italiana e ha vestito la maglia azzurra più volte durante la sua carriera. Nel 2022 è sbarcata in Sardegna, alla corte della Dinamo Sassari, registrando cifre da urlo ed entrando presto nel cuore dei tifosi grazie a un carattere forte che ha limato nel tempo e alle esperienze che l’hanno resa un punto fermo e una persona solida. Un anno dopo è diventata la capitana biancoblu, sposando totalmente il progetto sardo e ispirando ogni giorno tante piccole e grande cestiste.

Debora, cosa ti ha spinto a riconfermare in maglia Dinamo?

L’annata che abbiamo disputato l’anno scorso e il progetto che mi è stato presentato dalla dirigenza del club mi hanno convinto ancora di più a riconfermare. La Dinamo è una società molto ambiziosa che vuole affermarsi anche nel femminile. Qui mi trovo molto bene, ho conosciuto persone stupende con cui ho instaurato subito ottimi rapporti dentro e fuori dal campo, per questo non ho avuto dubbi sulla riconferma.

Il tuo rapporto col basket inizia all’età di cinque anni…

Questo sport mi ha incuriosito da subito perché guardavo insieme a mia madre gli allenamenti di mio fratello gemello. Dopo una settimana ho deciso di provare e da quel momento non ho più smesso, quindi posso dire che è stato subito amore per la palla a spicchi. La mia passione è diventata poi, negli anni, il mio lavoro e tutt’oggi, ogni volta che entro in campo, mi emoziono e provo un pizzico di ansia perché ogni partita è a sé, sai come inizia ma non sai mai come finirà. Due gravi infortuni mi hanno insegnato a non arrendermi mai e nel corso della mia carriera ho imparato ad ascoltare solo consigli costruttivi, fondamentali per crescere e migliorare. Mi fa paura il giorno in cui dovrò smettere di giocare, ma per ora non ci penso e cerco di godermi al massimo questi anni.

Quali sono stati gli allenatori che più ricordi con affetto?

Il primo coach a cui devo tanto è Sandro Orlando, che mi ha dato la possibilità di allenarmi con giocatrici di altissimo livello e di esordire in serie A all’età di soli 14 anni. Quando sono andata via di casa ringrazio di aver incontrato nel mio percorso Lanfranco Giordano, che è riuscito, attraverso il dialogo costruttivo, a farmi cambiare l’atteggiamento dato che ero molto testarda e non ascoltavo nessuno. Mi ha fatto capire che solo smorzando questo lato del mio carattere avrei potuto far carriera. Del periodo trascorso alla Reyer Venezia, ricordo con affetto Giampiero Ticchi con cui ho vinto il mio primo Scudetto nel 2021. Poi, non posso non citare il mio attuale coach Antonello Restivo con cui ho un rapporto umano bellissimo dentro e fuori dal campo. Con lui, infatti, riesco a confrontarmi anche quando le cose non vanno per il verso giusto e sono davvero contenta che mi abbia scelto perché stiamo crescendo insieme e vogliamo far crescere questa squadra.

Due gravi infortuni mi hanno insegnato a non arrendermi mai e nel corso della mia carriera ho imparato ad ascoltare solo consigli costruttivi, fondamentali per crescere e migliorare.

10 anni con la Reyer Venezia. Quali i momenti migliori e quelli più difficili?

Sono arrivata a Venezia quando la squadra era in A2. Quell’anno abbiamo vinto la Coppa Italia e siamo salite nella massima serie. Ogni annata è stata davvero speciale, ma sicuramente la più bella è stata quella della Supercoppa e dello Scudetto. Per ogni atleta l’obiettivo principale è sempre quello di vincere lo Scudetto: io ne ho vinto uno e me lo sono goduto fino in fondo, si provano delle emozioni indescrivibili e sono felice di aver potuto vivere un momento così speciale. Fortunatamente non ho mai dovuto affrontare problemi seri, ma essendo del Sud ho un carattere molto forte e sia in campo che nella vita quotidiana metto sempre un po’ di “cazzimma”. Generalmente provo sempre a risolvere i problemi da sola, anche se la mia famiglia è sempre pronta ad aiutarmi. Forse il momento più buio è stato quando mi sono rotta entrambi i crociati, ma ero molto giovane e la voglia di giocare era talmente forte che ho fatto di tutto per tornare il prima possibile in campo. Le altre difficoltà sono state in confronto solo dei problemini.

Poi, la Sardegna…

Dopo 10 anni a Venezia avevo proprio bisogno di nuovi stimoli e non appena ho firmato con la Dinamo ho subito sentito l’affetto e il calore della squadra, dello staff e del pubblico. Tutto ciò ha permesso una vera e propria stagione miracolosa. Lo scorso anno ci siamo trovate bene sin da subito con le compagne di squadra e abbiamo iniziato la nostra scalata già dalla prima giornata. Quest’anno, invece, stiamo cercando di compattarci meglio e stiamo crescendo partita dopo partita. Ci sono ampi margini di miglioramento, lo abbiamo dimostrato contro Schio nonostante la sconfitta, per questo credo che possiamo essere davvero un gruppo temibile. Io sono fiduciosa perché stiamo lavorando duramente, sarà il campo ovviamente a darci delle risposte, ma il nostro obiettivo è quello di vincere più partite possibili perché come dico sempre vincere aiuta a vincere.

Capitolo Nazionale azzurra.

La prima convocazione con la Nazionale è arrivata quando ero ancora piccola. È difficile spiegare a parole le emozioni che si provano, bisognerebbe viverle in prima persona. A livello giovanile, con la maglia azzurra ho vinto l’argento agli Europei Under 16 a Katowice del 2008 e con l’Under 18 l’oro nel 2010 agli Europei di Poprad. Le sensazioni che ho provato rimarranno impresse nel mio cuore per tutta la vita. Grazie alla Nazionale, ho potuto sperimentare il mondo del 3vs3: lo consiglio vivamente, soprattutto durante l’estate, perché sono esperienze che permettono di conoscere tante persone e divertirsi, infatti non bisogna mai dimenticare che il basket deve essere soprattutto un divertimento. Devo ammettere, però, che preferisco il basket “classico”, ovvero il 5vs5, quello che pratico tutti i giorni.

Quali sono i tuoi consigli a chi muove i primi passi nel mondo della palla a spicchi?

Sicuramente il mio consiglio è quello di allenarsi duramente in continuità e non arrendersi mai davanti a qualsiasi difficoltà. Bisogna porsi degli obiettivi e, anche se spesso non vengono raggiunti, è necessario continuare a provare con la stessa intensità e non mollare mai. In poche parole, bisogna essere sempre ambiziosi e tenaci.

Ilaria Mura