Il recupero sportivo post-Covid e il benessere dell’atleta

Ne parliamo con Gianluca Cao, preparatore atletico ultra-certificato, in una stimolante chiacchierata, utile per atleti e addetti ai lavori.
https://www.basketland.it/wp-content/uploads/2022/04/gene-gallin-u_yi-1kUh2o-unsplash-1280x853.jpg

Sono trascorsi due lunghi anni dall’avvento del Covid. I campionati si sono bruscamente interrotti a principio di marzo 2020 per poi far riprendere i campionati nazionali a settembre 2020 e quelli dilettanti direttamente nel 2021. Anche la stagione 2021/22 ha lasciato strascichi, difficoltà e partite rinviate. Abbiamo affrontato con Gianluca Cao, sottoufficiale dell’esercito e preparatore atletico, un argomento su cui troppo spesso, e anche di recente, si fa fatica ad affrontare con competenza e attenzione, o non ci si dedica abbastanza tempo e risorse.

Il recupero sportivo e tecnico dell’atleta post-Covid e il suo benessero fisico e mentale sono centrali, soprattutto di questi tempi. Gianluca, qual è il tuo punto di vista?

L’importanza dello sport e del benessere sono un requisito fondamentale per la salute di un soldato, di un atleta e di qualsiasi persona. Se la carriera nell’esercito mi ha permesso di capirne profondamente l’importanza, è grazie alla mia passione per la pallacanestro che ho iniziato un percorso parallelo di formazione a 360° gradi. Dal corso preparatori FIP nazionali, FMS 1-2 , FCS, EXOS Performance Specialist, Practitioner Functional Patterns, per poi passare a quelli di public Speaking e Coaching, ho costruito la mia formazione professionale andando a ricercare le nozioni di cui avevo bisogno. A breve concludo con la laurea in scienze motorie.
L’ultimo corso che mi ha incuriosito è focalizzato sull’allenamento delle fasce muscolari e sono sempre più convinto che questa nuova metodologia porterà delle interessanti evoluzioni nelle concezioni dell’allenamento della forza.

Di che cosa si tratta?

Il movimento viene visto e analizzato attraverso la combinazione e la coordinazione di linee fasciali che sono delle linee di connessione che coinvolgono muscoli, ossa e tessuto connettivo, capaci di creare delle connessioni cinetiche in grado di generare forza. Attraversano poi il corpo anteriormente, posteriormente e in maniera incrociata. Ogni volta che ci si approccia a questa disciplina, la base è quella di riallineare la struttura corporea, lavorando poi sul dinamismo del corpo. Applicare interamente questo modello nel basket è difficile ma ci sono delle modifiche che si possono apportare al nostro mondo e che si prestano bene: mi riferisco alla respirazione, a esercizi focalizzati ad ottenere stabilità del corpo.

Credits: Andrea Chiaramida

L’atleta è al centro, o almeno così dovrebbe essere…

Per entrare ancor più nell’argomento, parlerei di funzionalità dell’atleta al centro. A livello amatoriale e dilettantistico per mille motivi non si ha mai la possibilità di parlare e sviluppare la performance di un atleta. Si dovrebbe invece lavorare sulla forza funzionale e preventiva dell’atleta e sull’aspetto metabolico, specialmente in fase di pre-season. Si dovrebbe anche approfittare dell’estate per fare una preparazione individuale specifica. Proprio in estate il lavoro del preparatore fisico aumenta. L’anno scorso ho lavorato con cinque giocatori di pallacanestro per due mesi: è proprio in quel periodo che costruisci il vantaggio, ma è un lavoro che deve essere svolto ciclicamente. Risulta cruciale anche la volontà di una società a investire risorse ma soprattutto a capire i benefici che possono innescare pratiche così attente e personalizzate. Capisco che sia difficile abbandonare la concezione dello sport legata alla scuola, proprio perché molte strutture sono vincolate a concessioni scolastiche e una volta che finisce il campionato e la scuola, non è più possibile fruire degli impianti. Quindi, non è solo un problema di investimenti e accessibilità alle strutture, ma è anche un discorso di visione quasi manageriale. 

Qual è la figura che manca o quella che fa la differenza dentro una società sportiva secondo il tuo parere?

Il direttore sportivo, secondo me, è una figura importantissima: fa da collante, è la persona che richiama e ricorda la vision agli allenatori e rappresenta la società. Deve avere competenze trasversali e soft skills, empatia e capacità di comunicare a tutti i livelli.

In generale, penso che l’atleta debba avere gli strumenti per sapersi orientare, quindi l’aspetto dei tecnici e di tutte le persone che lavorano dentro ai campi deve essere orientato a costruire dei modelli.

Oggi c’è tanta informazione ma pochi modelli. Invece noi dobbiamo creare educazione. Credere in primis noi in quello che facciamo, poi essere capaci di trasmetterlo.

In che momento si trova il nostro ambiente sportivo?

In continua evoluzione, ma dobbiamo ricordarci anche che si basa sulla scienza. Quindi sullo studio e sulla disciplina. Sicuramente siamo in una fase di transizione. Dopo l’apparizione del Covid, dal punto di vista fisico la cosa più importante era considerare il lungo periodo di attività. Ci sono stati una marea di atleti che per sei mesi non hanno giocato a basket. Quindi nel periodo iniziale bisognava focalizzarsi sui vari carichi di lavoro, facendo attenzione a non sovraccaricare la parte tendinea e muscolare, più soggetta ad infortuni. Adesso le cose son cambiate. L’atleta, se tutto va bene, manca dal campo una decina di giorni. Ci si preoccupa soprattutto della risposta adattiva al lavoro metabolico che deve essere graduale e individualizzato.

Quali sono i consigli per un graduale recupero post-Covid?

Gli effetti del Covid, come sappriamo, non sono ancora ben chiari: molti sperimentano una stanchezza cronica, per esempio, e generale affaticamento. Al nostro livello non abbiamo la possibilità di valutare parametri interni, ci affidiamo ai feedback che ci fornisce l’atleta. Si dovrebbe quindi intervenire lavorando sulla densità dell’allenamento e sul volume, cioè, se l’allenamento dura un’ora e mezza, l’atleta non lo fa tutto. Tra un esercizio e l’altro riduce i tempi di recupero, evitando i momenti intensi dell’allenamento. Bisogna essere prudenti. A seguito di una fase iniziale, l’atleta viene esposto ad un graduale inserimento nel gruppo squadra, poi in base ai sui feedback si riescono a stimare i tempi di rientro nelle fasi di gioco. 

Credits: Andrea Chiaramida

Qual è il ruolo del preparatore in questo contesto?

Il preparatore è la persona che all’interno dello staff detta più o meno i tempi di reinserimento dell’atleta, soprattutto inizialmente. Qui entra in gioco il discorso dello staff. Avere solo un allenatore in una squadra di dieci e più atleti non è un arricchimento, dovrebbe essere accompagnato da varie figure. Il preparatore lavora con il principio della “goccia cinese”, con una preparazione quanto più individualizzata possibile, in grado di far acquistare dei crediti di salute di cui poi l’atleta beneficerà a lungo termine. Il prepatore entra quindi in gioco nel warm up iniziale e facendo un lavoro specifico con gli atleti.

Con quali strumenti lavori?

Sono vari: dal peso alla palla medica, uso molto anche gli elastici, la fitball e qualche bilanciere non deve mai mancare.

Qual è la tua ricetta per riprendere forma e vigore?

Il mio consiglio per gli atleti è quello di prendersi dopo la fine dei campionati 10-15 giorni di stacco per poi iniziare a strutturare un programma di lavoro che deve essere di avvicinamento alla preparazione della squadra. Questo, ovviamente, per chi ha voglia di dedicare il proprio tempo al benessere personale. Consiglio di evitare per quanto possibile di sommare sport specifici prima di cominciare l’attività cestistica. Soprattutto perché si sovraccaricano tendini e caviglie. Quindi sport come il padel o il calcio, con movimenti di direzione e cambi di senso, soprattutto per quegli atleti che hanno un alto minutaggio, li eviterei. Invece si può puntare tranquillamente sulla bici, la corsa, la canoa il nuoto.

Ci sono delle letture che vuoi consigliarci?

Certamente. Il libro “Il gioco interiore nel tennis”, di Timothy Gallwey è una lettura che non può mancare per un atleta. Si concentra sul tennis ma si adatta a ogni sport. Poi il podcast “Performance Talks”, in particolare due puntate: puntata una dedicata alla figura del mental coach nello sport e l’altra sulla nutrizione.

 

Gianluca Cao ha iniziato il suo percorso cestistico di preparatore all’Aquila Cagliari con coach Marco Sassaro nel 2008, facendo poi esperienze nel GSO Basket Elmas, Spirito Sportivo, Genneruxi e Accademia Pirates Sestu.