«Voglio marcare il palleggiatore!»

Come valorizzare l'inaspettata pulsione alla difesa individuale di un atleta Under 13? Ce lo spiega coach Marco Sassaro
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Inaugurare una rubrica, e per di più farlo al primo vagito di questa “nuova creatura” è motivo d’orgoglio ed esige la condivisione di qualcosa di particolarmente intimo e sentito. Proverò a farlo con la stessa passione che ha accompagnato la mia durevole storia d’amore con la pallacanestro.

Degli innumerevoli regali di questa unione, quello ricevuto alla guida dell’Under 13 della Scuola Basket Cagliari è uno dei più gratificanti, ma, al tempo stesso, uno dei più sudati.

Cimentarsi con una fascia d’età mai esplorata, mettersi in discussione sull’appropriatezza del ruolo richiesto, il confronto con me stesso sulla scelta degli strumenti da utilizzare e sulla legittimità degli stessi.

Come tutti gli anni, la stessa sensazione: una montagna da scalare.

Come tutte le stagioni, la stessa motivazione: la voglia di imparare ancora.

Ognuno di quei ragazzi era dell’avviso di poter imparare qualcosa. Ma, inconsapevolmente, mentre lo faceva ampliava la mia conoscenza saziando la mia curiosità, la mia voglia di crescita professionale.

Alla loro età andavo a letto con la maglia del Brill come pigiama, mi addormentavo contando gli assist di Eligio De Rossi e sognavo fino al mattino le mirabolanti prodezze di John Sutter.

Oggi è tutto diverso, ma riesco a sognare ancora. Lo faccio grazie ai giocatori che alleno, mi entusiasmo con i loro progressi, mi stimolano le loro ambizioni. Ecco, è proprio questo il punto: un istruttore deve avere a cuore la volontà di ogni singolo atleta, poco importa la sua è la motivazione di un ragazzino di 13 anni o di un ragazzo di 20. Un istruttore deve “armare” la sua ambizione.

Al primo allenamento, ed in risposta alla mia curiosità, più di tutti mi sorprende una fortissima determinazione:

«Coach, io voglio marcare il palleggiatore!»

Mi aspettavo lo schiacciatore di 120 cm, il tiratore da tre punti a due mani, uno stuolo di terzo-tempisti, ma, a dir la verità, no: il mastino proprio non me lo aspettavo.

Penso subito a come renderlo “contagioso”. La voglia di far scoprire questo dettaglio e il suggerimento degli strumenti per renderlo appetibile si prendono per mano.

In una fase di apprendimento, dove le gesta di cui fantasticare (e da raccontare ai compagni) sono soprattutto legate all’utilizzo della palla, in un  mondo di Giannis, Lebron e Steph, ho la fortuna della diversità, l’onere dell’istruzione, la responsabilità dell’insegnamento.

Scendo dalle nuvole e saggio la consistenza dell’affermazione: «Vorresti marcare il palleggiatore?»

Il mastino (che è tale di nome e di fatto), incalza: «No, non vorrei. Voglio marcarlo!»

Il tono perentorio sconsiglia ogni ulteriore considerazione, passo a un altro bambino ma già non vedo l’ora che finisca la seduta per capirne di più.

Finito l’allenamento, mi avvicino a ritirare il mio premio e lo ottengo con disarmante maturità: «Coach, Tizio sa fare il palleggio dietroschiena, Caio palleggia di sinistro, Sempronio riesce a passare la palla dal palleggio… io voglio marcarli tutti!»

Realizzo in due secondi che un bambino del 2007 ha appena parafrasato l’Isaac Asimov di «se la conoscenza può creare dei problemi, non è con l’ignoranza che possiamo risolverli».

Semplice, no?

Allora facciamolo. Creiamo problemi per loro, ma istruiamoli affinché possano superarli. E semmai non fossimo umanamente capaci di azzerare la loro “ignoranza”, almeno proviamo a ridurla mettendo in discussione il nostro sapere.

Data per scontata la valenza delle esercitazioni della manualità in questa fascia d’età (vera priorità assoluta nella programmazione giornaliera del piano d’allenamento), elenco alcune delle considerazioni fatte nel tentativo di autoconvincermi che dei primi rudimenti in materia di difesa individuale possano essere approcciati fin dall’ingresso nel basket pre-adolescenziale:

  1. La richiesta dell’atleta;
  2. La necessità di adeguate risposte al talento offensivo;
  3. Il bisogno di creare situazioni di difficoltà crescente a vantaggio della fantasia dello stesso;
  4. Gli evidenti dello sviluppare in parallelo le due fasi di gioco;
  5. La responsabilizzazione del singolo su tutta la superficie di gioco;
  6. La limitazione dell’aggressività già presente (provenienza da ambienti sociali disagiati, utilizzo fuori controllo dei videogiochi per maggiorenni, e tanto altro), o meglio la trasformazione della stessa in modalità sportiva;
  7. La stimolazione dell’aggressività mancante (provenienza da ambienti sociali “ovattati”, pubertà tardiva);
  8. L’offrire anche a chi si trova “indietro” con le capacità manuali, la possibilità di trovare una comfort zone dove avere importanza e sentirsi parte del gioco;
  9. L’anticipazione del comportamento dell’attaccante;
  10. L’eredità di buone abitudini, l’atteggiamento difensivo e la sua importanza nella fiducia dell’atleta.

Alcune richieste saranno in comune con tutte le situazioni che andiamo a esaminare:

  1. La posizione difensiva è quella con il corpo tra la palla e il mio canestro;
  2. Scheletro e muscoli sono in trasformazione: creiamo un’abitudine, il corpo si modificherà più avanti adattandosi alla richiesta;
  3. Le braccia ci aiutano nella ricerca di un buon equilibrio, non si possono usare per “sentire” l’avversario;
  4. Divieto assoluto di poggiare il corpo sull’attaccante (ma lasciamo che scoprano loro la distanza ideale);
  5. La sagoma dell’attaccante sta dentro le mie gambe, perciò non potrò mai avere i piedi a contatto tra loro;
  6. Laddove possibile, creiamo una collaborazione tra i vari giocatori, individuiamo delle situazioni ed indichiamole ad alta voce: sarà una delle mie responsabilità individuali;
  7. La palla non va indirizzata, non si manda sul lato, non si manda al centro. Il “muro” è l’unica maniera per controllarla.

1 – Difesa su un giocatore che non ha ancora palleggiato

Al fine di anticipare il comportamento dell’attaccante, occorrerà osservare la posizione dei suoi piedi e quella della palla, oltre, ovviamente, a quella del suo corpo.

Es. 1

“Riconoscere il pericolo”

L’attaccante sceglie un comportamento:

  • Palla sopra la testa
  • Palla sul petto
  • Palla sul lato pronto per la partenza

Il difensore riconosce il comportamento dell’attaccante e modifica la posizione in base alle sue scelte. FOCUS: Pronto quando serve!

Es. 2

“Spostare la palla”

  • Non appena l’attaccante mostra la palla sul lato della partenza, il difensore cerca di arretrarla con l’uso della mano corrispondente
  • Alternare le finte di partenza

Il difensore rallenta e/o scoraggia la partenza spostando all’indietro la posizione della palla e allungando, senza perdere l’equilibrio, il braccio corrispondente. FOCUS: Mettere in difficoltà la partenza!

Es. 3

“Reazione”

  • Come il precedente, ma l’attaccante – non appena il difensore sposta la palla – cerca di strapparla sul lato opposto e partire verso canestro.

Il difensore crea un piccolo svantaggio spostando la prima partenza e deve reagire sulla partenza opposta dell’attaccante provando a rimetterlo dentro le sue gambe. FOCUS: Murare la palla!

2 – Difesa su un giocatore in palleggio

Non voglio fare distinzione se questo momento di gioco avviene a tutto campo oppure nella metà campo offensiva. La richiesta è la medesima e, solo terminata la prima stagione, specificheremo differenti competenze.

Es. 1

“Studio da difensore e batto da attaccante”

  • Nella prima metà campo il palleggiatore con doppio pallone viene messo dentro le gambe dal difensore ad ogni suo cambio di direzione. Arrivati a metà campo il difensore prende un pallone e diventa attaccante contro un nuovo difensore che lo attende. Nel mentre l’attaccante torna indietro con una palla e diventa difensore sul successivo palleggiatore.

Didattica del difensore sul palleggio ed istruzione per muro difesa (e nello stesso tempo formare idee per l’attacco). FOCUS: Movimento continuo per murare la palla!

Es. 2

“Attacco il cambio di mano”

  • L’attaccante parte da metà campo in palleggio, il difensore cerca di non farsi battere con veloci cambi di direzione

Il difensore usa le mani per contrastare il passaggio (e la linea di passaggio che può nascere) e il cambio di mano. Utilizza – mentre tiene l’attaccante dentro le gambe – una mano ad altezza palleggio e una all’altezza del ginocchio opposto. FOCUS: Mettere in difficoltà il cambio di mano!

Es. 3

“Mantenere la distanza”

  • L’attaccante parte da metà campo in palleggio ed esegue una prima retromarcia obbligatoria prima di attaccare il canestro

Il difensore, subita la prima penetrazione, accorcia la distanza che l’attacco crea con la retromarcia per evitare che il palleggiatore prenda velocità. FOCUS: Ridurre la distanza che l’attacco vuole creare!

3 – Difesa su un giocatore che chiude il palleggio

Si tratta dell’unica situazione in cui preferisco suggerire la posizione difensiva, è un evidente momento per gestire l’aggressività degli atleti rendendoli consapevoli della forte possibilità di recuperare la palla. La luce tra le due posizioni si riduce e la richiesta per braccia e mani sarà quella di seguire la traiettoria disegnata dalla palla dell’attaccante “in trappola”.

Es. 1

“Chiusa!”

  • Al fischio del coach gli attaccanti chiudono il palleggio

Il difensore “salta” verso la palla e forza l’errore del passaggio dell’attaccante nel tentativo di liberarsi del pallone. Nel contempo chiama la palla chiusa. FOCUS: Modificare la posizione difensiva e lavoro braccia-mani + comunicazione!

Es. 2

“Tre palleggi”

  • L’attaccante può utilizzare al massimo tre palleggi per arrivare al tiro.

Il difensore trasforma la sua posizione a seconda della scelta dell’attaccante. Una volta esauriti i palleggi “aggredisce” la palla chiusa, comunicandolo. FOCUS: Stimolare l’aggressività per limitare l’attaccante e il suo palleggio!

Es. 3

“Riepilogo”

  • Attaccante da metà campo con massimo 3 palleggi. Rimblzista passa in angolo, palleggia e si arresta (1° palla chiusa).
  • La stessa situazione si ripropone nel passaggio al compagno a metà campo (2° palla chiusa).
  • Alla terza, pronto ad attaccare il canestro dopo il tocco del difensore e con un massimo di due palleggi.

Difesa didattica su due palle chiuse volontarie e successiva difesa su possesso da innescare con tocco sulla palla: verifica di tutte le regole suggerite nelle situazioni precedenti, più l’attacco alla palla chiusa se esauriti i due palleggi a disposizione dell’attaccante.

Concludendo, è importante la presenza di tre elementi:

  1. Le regole (ad esempio, chiamare la palla chiusa)
  2. I divieti (ad esempio, non si appoggia il corpo sull’attaccante)
  3. Le scelte (ad esempio, la distanza a cui mi sento sicuro di poter difendere)

Come si può notare le informazioni non sono troppe e, soprattutto, non devono essere contraddittorie. La durata della proposta, invece, dipenderà esclusivamente dai ragazzi: una volta radicata l’abitudine sarà conveniente per l’istruttore avere nuove istruzioni, nuovo cibo per la loro fame di conoscenza.

Oggi ci si può avvalere di modelli visivi di facile comprensione (es. comunicazione di una situazione tramite video di breve durata da condividere nella chat di squadra). Il consiglio è sempre quello di utilizzare modelli avvicinabili e realistici (es. i loro stessi errori, o, meglio, un’esecuzione corretta come rinforzo positivo).

Buon allenamento a tutti e ricordate: il vero successo è la caduta dei dubbi.

Marco Sassaro
Cagliaritano, classe 1964, è allenatore nazionale dal 1996. Attualmente tecnico della Teti Aqe Sestu (Serie C Silver), formazione che aveva guidato anche in altre due precedenti parentesi, conducendola – nel 2016 – alla promozione in Serie B. Tra le sue esperienze anche Russo Cagliari (B2 Maschile), San Salvatore Selargius (A2 Femminile) ed Esperia.