Daniele Desogus ha 27 anni ed è un nerd dello sport, proprio come la nostra community. Se non lo vedete su un campo da basket, è sicuramente in palestra o in una pista d’atletica a dispensare consigli o a sfrecciare con delle scarpe ultra leggere. Abbiamo voluto conoscerlo meglio e abbiamo spaziato con lui su vari fronti, anche per dare la possibilità agli addetti ai lavori o ai semplici appassionati di approcciarsi a una figura fondamentale: quella del preparatore fisico.
Daniele, partiamo dall’inizio: di cosa ti occupi nella vita?
Attualmente lavoro come preparatore fisico per gli sport di squadra (nell’ultimo periodo mi sono occupato principalmente di Basket, lavorando al San Salvatore) e come allenatore di velocisti (al CUS Cagliari). Sono inoltre collaboratore tecnico del settore Velocità e Ostacoli per la FIDAL, federazione per cui gareggio anche come atleta (sprinter). Sono inoltre Tutor Universitario nella facoltà di Scienze Motorie di Cagliari, dove insegno Metodologia di Allenamento e Atletica.
Come si svolge il lavoro del preparatore fisico durante l’anno in una squadra di basket senior e giovanile?
Il preparatore fisico è un ruolo fondamentale all’interno di una squadra, sotto più punti di vista. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, la sua funzione principale è quella di portare gli atleti a crescere sotto l’aspetto della prestazione fisica, ma soprattutto di cercare in ogni modo di limitare i rischi di infortunio (come mi hanno insegnato molti allenatori, “meglio un giocatore al 70% che uno infortunato”). C’è un altro aspetto secondo me molto importante, che è quello comunicativo. Per ovvi motivi il preparatore instaura col giocatore/giocatrice un rapporto molto diverso da quello che questi ultimi instaurano con l’allenatore, e proprio questo rapporto più stretto risulta fondamentale ai fini dell’equilibrio del gruppo squadra, perché il preparatore diventa un vero e proprio collante tra staff tecnico e atleti.
La gestione di una stagione è sempre una storia a sé, questo è il settimo anno che faccio il preparatore e ancora non ho mai vissuto due stagioni simili. Ad aumentare questa difficoltà negli ultimi anni ci ha pensato il COVID che ci ha impedito di programmare e portare avanti un percorso lineare, obbligandoci a cambiare idee e modus operandi ogni settimana.
Fai il personal trainer per diversi sportivi, professionisti e non. Qualche nome?
Negli anni ho avuto la fortuna di lavorare in ambienti molto diversi tra loro, avendo a che fare con squadre dilettanti e altre che richiedevano un impegno al limite del professionismo, con atleti per i quali la figura del preparatore rappresentava il loro incubo peggiore e con altri che richiedono sempre il massimo dal punto di vista dell’impegno e della professionalità. In questo percorso ho trovato atleti che mi hanno impressionato per capacità atletiche e mentalità, altri che mi sono rimasti nel cuore per il rapporto umano che si è creato. Su tutti, due che mi hanno impressionato positivamente sono Chiara Tiddi, capitano della nazionale di Hockey su prato che definisco l’atleta migliore che abbia potuto allenare in termini di prestanza fisica e mentalità, e poi Gigi Asquer, con il quale ho lavorato a Sestu in A2 di Futsal, che seppur avesse 48anni, aveva la capacità di recuperare dagli infortuni di un 17enne. Per l’aspetto umano faccio tre nomi (non me ne vogliano tutti gli altri): Adriana Cutrupi, Mounia El Habbab e Silvia Ceccarelli, con le quali ho condiviso gli ultimi due anni a Selargius. Con loro ho condiviso momenti belli e meno belli e che posso reputare amiche, prima che atlete.
Parliamo dei tuoi sogni e obiettivi, nel breve e lungo periodo…
Il sogno (ma anche l’obiettivo) più grande che ho rimane quello di partecipare ad almeno un’ Olimpiade, come allenatore di Atletica o come preparatore (mi va bene qualsiasi sport, anche il Tiro al Piattello!). Per quest’anno invece, l’obiettivo più concreto è quello di continuare a studiare almeno due ore al giorno e potermi formare il più possibile per avere delle armi in più da offrire ai miei atleti. Per il resto sono ancora davanti a un bivio, inizierò a lavorare a scuola come insegnante di Educazione fisica, e prima di scoprire la mia destinazione, mi trovo ancora bloccato nelle scelte professionali da fare.
Una delle missioni di Basketland è raccontare i mestieri utili all’interno del contesto della palla a spicchi o che possono nascere. Qual è il tuo punto di vista a riguardo?
Per fortuna la figura del preparatore atletico è sempre più accettata è compresa. Reputo il Basket molto più avanti rispetto ad altri sport sull’importanza che viene data a questa professione. Ciò che secondo me manca, ma che non può più mancare, è la figura dello Psicologo Sportivo che sia da supporto non solo alle giocatrici, ma anche allo Staff tecnico, guidando atleti, allenatori e preparatori nell’affrontare le situazioni che ogni anno si presentano all’interno di una squadra (senza tralasciare il supporto necessario per affrontare le situazioni che si sviluppano extra-campo, che sono quelle che hanno maggiore impatto sulla vita delle persone). Chiudo con una frase che per me ormai è un mantra: “ricordiamoci che prima dell’atleta, viene sempre la persona”.