Il cielo è Azzurro sopra Oristano

Le ambizioni di una società che ha deciso di ripartire da 0, dai giovani. Risultato: numeri raddoppiati. È la nuova Azzurra Basket Oristano.
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C’è un’età in cui decidi di tornare e darti da fare. Ci sono giovani isolani di ritorno che adesso hanno più di trent’anni e hanno preso la decisione di restare. Succede anche a Oristano, Comune del centro Sardegna con trentamila abitanti, di cui 4mila anime hanno tra gli 1 e i 18 anni. E molti di questi stanno incominciando a giocare a basket, anche grazie a una società che lo scorso settembre è stata presa in mano da un gruppo di giovani tornanti, sempre incasinati ma col fuoco dentro, anche quando le fiamme diventano sempre più alte, come montagne da scalare.

Il nuovo presidente dell’Azzurra Basket Oristano si chiama Daniele Olmetto, 39 anni, ex giocatore. Ha studiato a Bologna, poi è tornato a casa. L’idea di gestire la società inizia un po’ per gioco, poi, come spesso succede, “ad un certo punto si parte davvero, e si cresce ancora, personalmente e sportivamente – racconta Olmetto -. Da un’ottantina di tesserati siamo arrivati a 150 in neanche un anno. Con i piccoli proventi abbiamo fatto un po’ di acquisti per le attività, comprato attrezzature. Il 18 dicembre abbiamo organizzato un evento di minibasket, una maratona di 12 ore alla quale hanno partecipato 16 società, 350 bambini e un migliaio di persone. Dalle 9 alle 21 no stop. E pensare che il Palazzetto di Sa Rodia arriva a 3mila posti, ebbene, c’era un bel colpo d’occhio”. Ai membri storici, Cristina Cannas, Enrico Carta e Filippo Contini, ovvero il gruppo dirigente, si aggiungono quasi venti persone, tra allenatori e staff. Tutti nati tra gli anni ’80 e ’90.

Daniele Olmetto (a sinistra) e Alfredo Garau. Credits: Stefano Photografia.

Il deus ex machina di questa operazione si chiama Matteo Pitzalis, direttore tecnico, persona profonda e con trascorsi all’estero. A lui il compito di tessere il filo guida del processo di formazione in palestra. “L’obiettivo è quello di costruire un ambiente in cui al centro dell’attività si ponga la cultura del lavoro e della condivisione come strumenti di crescita e divertimento. Ma anche quello di far riscoprire la pallacanestro come sport in grado di offrire agli individui un mix di opportunità e strumenti non solo fisici, ma anche socio-relazionali, che diano la possibilità ai giovani di essere pronti a relazionarsi, con i gruppi di cui faranno parte un domani a livello universitario e lavorativo, in maniera efficace per se stessi e per gli altri.

Vediamo il basket come uno strumento per raggiungere obiettivi, piuttosto che come obiettivo. Nondimeno vogliamo cercare di creare un ambiente favorevole anche alla crescita di chi vorrà far parte, in futuro, di contesti cestistici più competitivi.

Quando vivevo a Madrid mi capitava spesso di uscire dall’ufficio e andare a osservare gli allenamenti della cantera dell’Estudiantes. Loro hanno circa 2000 tesserati, parliamo di uno dei settori giovanili con i numeri più alti d’Europa, che sforna giocatori, allenatori, arbitri e dirigenti in tutte le categorie. Mi ha particolarmente colpito lo spirito democratico del club madrileño. Al contrario di quello che ho visto in Italia, dove tendenzialmente si è selezionato molto senza pensare ad allargare la base dei praticanti, all’Estu si è pensato di fare reclutamento a tutto tondo. Mi ricordo che mi emozionò lo slogan scritto a caratteri cubitali nella tribuna dietro le panchine delle squadre: Todos somos estudiantes. Una frase che si presta a mille interpretazioni, ma che io, nel mio percorso ho interpretato come un messaggio di grande democrazia e opportunità per tutti e, per ultimo ma non meno importante, un invito a sentirsi sempre studenti, un incoraggiamento a non smettere mai di migliorare”.

Matteo Pitzalis (a sinistra). Credits: Stefano Photografia.

Pitzalis segue gli allenatori Daniele Pilloni, Filippo Contini, Alfredo Garau, Matteo Tilocca, Daniele Figus. Per tutti, la mission è una sola: ripartire dal settore giovanile. Specialmente in un territorio dove i ragazzi giocano prevalentemente a calcio e a pallavolo, poi, una volta che finiscono le superiori partono. Tra le cose da fare, sforzi e intenti sono diretti ad “ampliare la base dei gruppi attuali, poi puntare al femminile. Tra gli altri, abbiamo anche in cantiere progetti di integrazione con i ragazzi dei centri di accoglienza. E poi entriamo nelle scuole collaborando con gli insegnanti che fanno avviamento allo sport”, dice Olmetto. Le difficoltà? “Tante, per esempio coniugare il tempo, il lavoro, la casa.. ma ci sono anche tante soddisfazioni. La cosa che mi fa più contento è vedere come sono già cresciuti i ragazzi dal punto di vista sportivo. Vedere che riescono a giocare e a divertirsi, e notare un principio di pallacanestro. Ma anche entrare in palestra e vedere che i gruppi sono raddoppiati: squadre da 8 ragazzi diventati 20, tanto che in più di un’occasione abbiamo dovuto dividere le squadre. Stanno arrivando nuovi bambini, i genitori sono stati coinvolti fin da subito”. Il cielo è sempre più azzurro sopra Oristano.